“CHE NEANCHE UNO DI QUESTI PICCOLI SI PERDA”

MATTEO 18, 12-14

Buongiorno a tutti,

i seguenti versi del   Vangelo di Matteo illuminano il nostro cammino di oggi:

12Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? 13In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda. ”

Siamo in tempo di Avvento, la circostanza che la liturgia ci faccia leggere questo brano di Vangelo in questo tempo non è certo casuale. Il messaggio che dobbiamo cogliere è sicuramente un messaggio attinente al  tempo, al suo significato, al suo valore e alla sua funzione nella nostra vita. Ciò significa che l’attesa del Regno dei Cieli si arricchisce anche oggi per mezzo della liturgia propostaci dalla Chiesa  di un nuovo contributo utile alla corretta fruizione di tale tempo. Cerchiamo allora di capire in quali passaggi importanti è racchiuso il messaggio a noi diretto. La pecora smarrita è la pecora attenzionata dal buon pastore. Tutte le sue cure sono concentrate su tale unità, quasi come se le novantanove restanti non contassero nulla. Esiste però tra le novantanove pecore sane e la pecorella smarrita una differenza sostanziale.  Le novantanove pecore sono al sicuro sui monti, essa hanno dove procurarsi cibo e ricovero, la pecorella smarrita è invece in balia di pericoli vari derivanti dalla sua condizione. Le novantanove pecore non hanno nulla da attendere, la loro condizione  è già stabile e sicura, la pecorella smarrita invece, ha da attendere qualcuno che la liberi, qualcuno che la aiuti, qualcuno che la protegga e la salvi. Essa vive dunque in un tempo di avvento. Per essa devono compiersi ancora i giorni della sua salvezza, i giorni in cui il suo pastore verrà a liberarla dalla condizione di smarrimento in cui versa e la riporterà al sicuro, salvandola per sempre. E’ chiaro che l’attesa della pecorella si riferisce innanzitutto all’attesa di un Pastore, di colui cioè che sarà in grado di sollevarla dalla condizione di pericolo in cui versa e di condurla nella pace del recinto. Il tempo di Avvento è dunque tempo di attesa di una persona, ed esattamente tempo di attesa di un Salvatore, un uomo cioè che abbia la capacità di trovare le anime smarrite, di liberarle dalla condizione di schiavitù in cui si trovano, di nutrirle, di custodirle, di metterle al sicuro, di amarle, di trasmettere loro il suo amore, di ricostituirle, di farle creature nuove e di  concedere loro la beatitudine del Paradiso. Cristo è senza dubbio il Salvatore atteso, noi peccatori siamo le pecorelle da salvare, l’Avvento è il tempo della nostra vita, tempo in cui dobbiamo realizzare per mezzo di Cristo tutte quelle condizioni che ci garantiscono la vita eterna nel giorno della Parusia. Il nostro tempo, ovviamente, non arriva all’istante della Parusia, esso, invece si ferma prima e precisamente nell’istante della nostra morte. Oltre questo istante la nostra attesa sarà ormai inutile. Dobbiamo sfruttare il tempo della vita come tempo offertoci dal Buon Pastore per farci trovare e per farci salvare. Nella volontà di Dio c’è infatti il desiderio che nessun uomo si perda, che tutti possano essere sollevati dall’umiliante condizione  della vita terrena alla esaltante condizione  della vita  divina. Questo compito è stato da Dio affidato a Cristo, il nostro unico Salvatore. Egli lo esercita egregiamente avendo già da tempo conquistato per noi, col il sacrificio della sua vita offerta sulla croce, tutti i meriti necessari per la nostra liberazione dal mondo. Il Buon Pastore esiste, il Buon Pastore è all’opera, il Buon Pastore ci cerca, il Buon Pastore ha il potere di salvarci e di ricondurci in Paradiso. Questo Buon Pastore ha un nome è un volto, il suo nome è Gesù Cristo crocifisso e risorto, il suo volto è quello del Figlio di Dio incarnatosi nel seno della Vergine Maria, la sua missione di salvezza è quella da Lui stesso condotta tramite la sua Chiesa. Non ci manca nulla per essere salvati, non dipende da Dio la nostra vita etena, Egli ci sta cercando, Egli ci ha già trovati, Egli ci sta chiedendo di essere da Lui salvati, Egli sta aspettando il nostro consenso per sollevarci sul morbido e accogliente cuscino delle sue forti e ampie spalle. Egli è felice di dare la sua vita per noi, Egli gioisce nel rivederci al sicuro, Egli  è in festa nel vedersi atteso, accolto, amato, apprezzato, condiviso e sposato. La sua gioia per averci ritrovati e per averci riportato a casa sua è più grande di qualsiasi altra gioia a testimonianza dell’amore che lo lega a noi. Anche noi siamo chiamati a partecipare a tale gioia, anche noi siamo chiamati a condividere tale gioia con altri fratelli, anche noi siamo chiamati a imitare il Signore nel suo amore per i piccoli e per tutti coloro che sono incapaci di difendersi dal male subito ad opera di altri. Il tempo di avvento dei nostri fratelli che si trovano nel bisogno deve, perciò, diventare anche il nostro tempo di avvento, tempo cioè da dedicare alle necessità e priorità di salvezza di tutte quelle persone che vivono difficoltà enormi nel rapportarsi con Dio e nel rendersi a Lui disponibili.

Capo d’Orlando, 09/12/2014

Dario Sirna.

 

 

 

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