LUCA 12, 54-59
Buongiorno a tutti,
anche nel cammino di oggi restiamo sotto la guida del Vangelo di Luca, soffermandoci sui versi proposti dalla liturgia odierna:
“54Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: «Arriva la pioggia», e così accade. 55E quando soffia lo scirocco, dite: «Farà caldo», e così accade. 56Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? 58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. 59Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».”
Questo brano del Vangelo di San Luca richiama la nostra attenzione sulla importanza che oggi viene attribuita ai comandamenti. E’ opinione comune ritenere che il rispetto dei comandamenti sia ottenuto con la scrupolosa osservanza del quinto comandamento: “Non ucciderai”. Molti sono i cristiani che pensano di non avere bisogno del sacramento della Riconciliazione in quanto come dicono loro “non hanno ammazzato nessuno”. Siamo un popolo di santi? No, ovviamente no, e se lo siamo non è per merito nostro, ma per merito di Cristo. Il concetto fondamentale della Legge non è quello di fornire all’uomo un decalogo da osservare per mettersi la coscienza a posto, ma quello di far comprendere all’uomo che la vita ci è stata donata per amare, e solo ed esclusivamente per tale funzione. Certo è riduttivo e offensivo nei confronti dell’amore sostenere che chi non è omicida è perfetto in questa arte. Il senso della Legge è quello di far comprendere all’uomo quali e quante sono le sfumature dell’Amore. Qualunque cosa è contraria all’amore lo offende ed è piena trasgressione della Legge, ossia peccato e allontanamento da Dio. Molti crimini contro l’amore vengono effettuati quotidianamente da ognuno di noi, eppure non ce ne rendiamo conto e nella maggior parte dei casi siamo convinti di avere agito bene e di avere rispettato l’Amore. Il punto riguarda la nostra coscienza, la allontaniamo sempre di più dalla via dell’amore per confinarla nella strettissima e angusta solitudine dell’egoismo, della convenienza personale, dell’interesse individuale, della superbia, della vanità, dell’io e del super io. Perdere di vista l’Amore e concentrasi su se stessi svuota i comandamenti del loro significato più autentico e invece di spronarci ad approfondire tali argomenti e a valorizzarli mettendoli al centro delle nostre attenzioni, ci induce a sottovalutare la loro importanza nella nostra vita. Il Signore ci chiede di partecipare al culto di Dio non con il cuore impuro e privo di pace, ma con il cuore sereno e benedetto dal perdono chiesto a tutti coloro cui abbiamo fatto del male. Per questo ci esorta a riconciliarci dapprima con i fratelli e poi a presentarci all’altare per offrire il nostro sacrificio. In questo Egli stesso sulla croce si offre come esempio da seguire mostrandoci in che modo perdonare coloro che ci hanno fatto del male e in che modo rapportarci con coloro cui noi abbiamo fatto torto. Prima di morire in croce il Signore ha chiesto al Padre di perdonarci e a sostegno del perdono richiesto ci ha giustificati (non sanno quello che fanno). Quasi sempre il male ricevuto dai nostri fratelli è frutto di un errore, di una errata valutazione dei fatti, di una interpretazione sbagliata della verità. Ciò produce reazioni che offendono l’amore mettendo in crisi i rapporti con il nostro prossimo. Ci sentiamo vittime, ma in realtà anche noi siamo coinvolti in un evento la cui conseguenza è la dannazione dei nostri fratelli e la sofferenza del nostro cuore. Cristo ci indica una strada seguendo la quale noi possiamo rimediare a tale male, salvando non solo noi stessi, ma con noi, anche il nostro prossimo. Questa strada non è la strada di chi ha ragione e chiede giustizia, ma la strada di chi avendo subito un torto ha un amore talmente grande nel suo cuore da trovare la forza del perdono sincero e definitivo. Il cristiano deve distinguersi dall’uomo comune non solo per la rettitudine del suo comportamento, ma soprattutto per la sua capacità di concedere il perdono. Questa logica, non è una logica umana, ma una logica divina, secondo la quale l’unità è l’obiettivo da raggiungere. Cercare l’unità significa pensare e agire non per se stessi ma per tutti e quindi in primo luogo per coloro che sono lontani dall’amore e che hanno bisogno di essere aiutati. Se, contrariamente a ciò, cerchiamo ad ogni costo di far valere le nostre ragioni e mettiamo al centro della nostra vita la nostra soddisfazione personale in luogo dell’Amore e dell’unità che deriva dalla comunione, il nostro cuore non viaggerà mai verso Dio, ma resterà sempre fermo su se stesso. Accostarsi all’Altare di Dio non significa offrire oggetti di valore o decime, ma offrire tutta la nostra vita a Dio, con un’oblazione che parte dal cuore e, attraverso l’attuazione della volontà divina, si estende alla sfera di tutto il nostro essere e avere.
Capo d’Orlando, 25/10/2013
Dario Sirna.