CAPO D’ORLANDO – VIAGGIO NEGLI ABISSI MARINI DI SAN GREGORIO – IL RELITTO DEL MARCO POLO
Siamo a Capo d’Orlando, riviera di San Gregorio, tratto di costa compreso tra la piazzetta del borgo omonimo e la chiesetta. Osservando con attenzione il paesaggio che caratterizza questa fascia costiera, a parte l’armonia architettonica delle case che fronteggiano il mare e la bellezza del contesto naturale in cui le stesse sono perfettamente integrate, ciò che colpisce l’osservatore e che ne catalizza l’attenzione è sicuramente lo splendore che sfolgora dall’azzurro del telo marino. |
Siamo a Capo d’Orlando, riviera di San Gregorio, tratto di costa compreso tra la piazzetta del borgo omonimo e la chiesetta. Osservando con attenzione il paesaggio che caratterizza questa fascia costiera, a parte l’armonia architettonica delle case che fronteggiano il mare e la bellezza del contesto naturale in cui le stesse sono perfettamente integrate, ciò che colpisce l’osservatore e che ne catalizza l’attenzione è sicuramente lo splendore che sfolgora dall’azzurro del telo marino. Arrivando dal centro di Capo d’Orlando, dopo avere attraversato la movimentata zona della scogliera del Trabucco, ricca di strapiombi, di scogli e di rocce che precipitano in mare, questo tratto di spiaggia si presenta libero da ogni tipo di ingombro e da ogni fonte di pericolo. L’unica barriera che si eleva nel quadrante del campo visivo relativo alla costa è formata dalle sagome ondulate delle isole Eolie, che si innalzano sulla lontanissima linea dell’orizzonte, occupando lo sfondo del canale che separa la costa settentrionale sicula dal suddetto Arcipelago, nel Tirreno meridionale. In questa cornice semplicissima, luminosa, fresca, azzurra e accattivante si nasconde un mistero molto interessante. Si tratta di una storia risalente alla fine IXX secolo. Una storia conosciuta da pochi perché custodita gelosamente proprio dalle acque di questo bellissimo specchio di mare. L’azzurro intenso e quieto della battigia marina alleggerisce l’anima dell’osservatore sollevandola verso dimensioni celesti e paradisiache, nulla lascia intuire che sotto questo riflesso di ridente luce solare si celi un mondo antico, testimone di una vita ormai tramontata da secoli. A raccontarci questa storia sono le foto gentilmente concesseci dal Dott. Fabrizio Antonioli, Ricercatore dell’ENEA di Roma, esperto di geologia costiera. Le foto in questione sono state scattate personalmente dal Dott. F.Antonioli durante un’immersione subacquea effettuata nella suddetta zona durante il mese di agosto da poco trascorso. Esse si riferiscono al relitto di una nave affondata alcuni secoli fa proprio in questo tratto di mare. Le ricerche effettuate in merito ci riferiscono di un relitto attribuibile alla nave a vapore di medio cabotaggio “Marco Polo”, appartenente alla compagnia di navigazione “Florio e Rubattino”. La nave prestava servizio passeggeri, merci e posta sulla costa settentrionale sicula assicurando i trasporti delle persone e delle cose da Palermo verso i paesi della costa Tirrenica siciliana. Uno di tanti scali in cui la nave era solita fare servizio era quello di Naso, corrispondente sulla costa alla baia di San Gregorio. A quanto pare questo servizio rimase efficiente e operativo fino all’avvento del trasporto ferroviario, quando poi venne interrotto a causa dei suoi eccessivi costi. La nave “Marco Polo”, affondò nei fondali di San Gregorio, sembra per cause connesse ad una manovra errata del comandante, manovra che fece colare a picco il mercantile adagiandolo sulla secca di sabbia contro la quale esso si scagliò. Si dice che negli anni delle due guerre mondiali la nave sia stata spogliata di tutte le parti metalliche di valore e che venne così ridotta al suo scheletro essenziale. La nave aveva una lunghezza di circa 45-50 metri, il suo relitto oggi è in gran parte inghiottito dalla sabbia sulla quale essa si è adagiato. Le foto del Dott. Antonioli ci mostrano questa realtà sommersa, testimonianza di un’era ormai tramontata da tanto tempo e ci permettono così di fare un viaggio nel nostro passato, ed esattamente nel tempo vissuto dai genitori dei nostri nonni. Le immagini del relitto sono immagini di un mondo ormai sbiadito, lontanissimo dalle velocità e dai ritmi dei nostri giorni, eppure esse nonostante tutte le avversità cui sono andate incontro resistono ancora per raccontare alle generazioni future un tratto di storia che ha rappresentato un passaggio importante nel cammino del tempo che ci ha condotto ai giorni nostri. Ciò ci permette di intuire che nella scala dell’evoluzione tecnologica non esiste apparentemente un punto di arrivo, non esiste cioè una meta oltre la quale non possiamo più avanzare. In questa ottica ogni epoca è solo un passaggio intermediario tra un tempo tramontato e un futuro ancora non progettato. In questa pazza corsa verso non si sa cosa l’importanza di un istante viene cancellata dalla novità apportata dal sopravvento dell’istante successivo. Un bene indispensabile alla vita di oggi diventa un relitto inutilizzabile per la vita del domani. Un consumismo dovuto ad un progresso tecnologico incontrollato, progresso che sovente non obbedisce alle esigenze reali della vita di tutto il sistema in cui l’uomo si muove, ma obbedisce solo alla logica del denaro, del guadagno e dell’egoismo sfrenato. Invece di camminare piano, con passo cadenzato e con ritmo leggero, sicuro, pacifico e comunitario, siamo tutti in corsa l’uno contro l’altro per guadagnare il primo posto, per raggiungere un nuovo primato, per abbattere un record, per sconfiggere chi ci sta accanto e per far emergere il nostro interesse personale. In questa inutile frenesia capita frequentemente che i nostri fratelli diventino nostri nemici e che le nostre strade diventino insicure, piene di minacce, di secche e di scogliere su cui la nostra corsa, come un vascello alla deriva, va ad infrangersi senza pietà. Il cammino cristiano ci insegna a dare al tempo un valore di eternità in cui il consumismo non produce rifiuti e relitti ma edifica le anime stringendole tra di loro con legami di amicizia e di amore, legami fondati sull’unica ricchezza della carità fraterna e della misericordia. A che serve essere connessi con il mondo intero se poi tali contatti super veloci servono per farsi la guerra e per distruggersi a vicenda generando dolore, male e sofferenza? Ogni istante è un bene prezioso che si consegna al successivo istante per edificare la via del Paradiso nella logica dell’unità dei popoli, nel vincolo fraterno della pace e dell’amore. Un relitto adagiato da tanti secoli su un fondale marino e lì abbandonato perché inutile racconta la storia di una società in cui il progresso ha solo una forma esteriore, mentre è completamente privo di contenuti e di valori. Cristo ci insegna a progredire nella direzione dell’edificazione vicendevole in cui l’uomo non è in lotta con il fratello e non è il predatore del creato, ma vive con entrambi un rapporto di grande armonia fondato sulle Beatitudini del Vangelo, che sono già l’apice assoluto e insuperabile del più grande di tutti i progressi, quello dell’amore.
Ringraziamo ancora una volta il Dott. F. Antonioli per averci fornito il preziosissimo materiale che ci ha permesso di effettuare questo insolito cammino nelle profondità degli abissi marini della baia di San Gregorio alla ricerca di un passato perduto.
Capo d’Orlando, 26/09/2013
Dario Sirna.