LE CAVE DEL MERCADANTE – PORTO DI CAPO D ‘ORLANDO
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La spiaggia, infatti, contrariamente a quanto l’andamento naturale dell’arenile sabbioso di Capo d’Orlando possa farci immaginare e prevedere, non è costituita né da ciottoli, né da rena, ma da lastre orizzontali di arenaria. Lo strato roccioso è talmente ridotto da rendersi visibile solo nei giorni di bassa marea, mentre nei rimanenti periodi dell’anno resta sommerso dal un velo di acqua marina sottile e cristallino. L’aspetto di questo particolare e interessante banco di arenaria che vive nello spazio conteso tra il pelo libero dell’acqua salata e l’aria soprastante è differente da quello dell’arenaria presente in tutte le scogliere della zona. Queste, infatti, generalmente hanno una consistenza molto friabile e facilmente attaccabile dalla salsedine e da altri agenti atmosferici, tanto friabile che stringendo tra le dita, o accarezzando con le mani, le superfici esposte di tali rocce esse si polverizzano istantaneamente, trasformandosi in un pugno di terra gialla. Questa arenaria, invece, è dura, consistente e nonostante si trovi sul limite della battigia, ossia nel punto in cui l’erosione è massima, sembra non soffrire l’attacco degli agenti erosivi, mantenendo pressoché inalterata la sua forma. Esaminando da vicino la struttura della roccia emerge che essa è formata dalla cementazione, apparentemente a secco, di grossi grani di sabbia, aventi dimensioni superiori ai 2-3 mm. La cosa che stupisce è che i grani sono uniti tra loro da un legante invisibile a occhio nudo. Per questo motivo la roccia ha anche un aspetto poroso, quasi spugnoso. Essa però, nonostante la sua durezza, non si presenta nella sua forma naturale, ossia nella forma originaria, ma è fortemente e misteriosamente modellata. Qui, infatti, contrariamente a quanto accade in altre parti della costa, nonostante secoli e secoli di mareggiate, più potenti delle “grandi acque” sono state le mani dell’uomo, che per motivi non ancora chiari, si sono scaraventate sul banco roccioso per estrarre da esso delle grandi forme circolari di pietra, i cosiddetti “rocchi”. Questa battigia rocciosa sommersa dalle onde del mare nasconde con sé anche il mistero di una storia molto antica che incuriosisce e interessa tanto. Leggendo le notizie raccolte nel web sembra che queste cave siano state associate, per epoca e uso, ad altre cave simili presenti nell’isola e risalenti al tempo dei romani, ossia al VI – V secolo a.C., ma al riguardo non si hanno ancora certezze. La zona interessata dalla cava apparentemente ha un’estensione di 100 metri in lunghezza e di 10 metri in larghezza e presenta le stesse identiche caratteristiche in tutti i punti. Non sappiamo quanto il banco roccioso originariamente emergesse dall’acqua, certo è che le forme asportate indicano l’esistenza in origine di livelli superiori. Probabilmente esisteva sul posto un piede roccioso più alto, successivamente tagliato e asportato per utilizzare altrove la pietra estratta. Dunque, si tratta di una vera e propria cava di pietra realizzata in mezzo alle onde del mare. Forse all’epoca in cui essa è stata utilizzata il livello dell’acqua era più basso, agevolando così l’estrazione anche delle forme che oggi si trovano sommerse da un metro e più di mare. Oppure, era proprio la tecnica di estrazione utilizzata che rendeva ideale il sito per la presenza dell’acqua. La zona oggi, con la costruzione dei moli ha subito grandi stravolgimenti e sembra difficile poter recuperare dalle vicine spiagge, o tramite scavi, gli scarti provenienti dall’attività della cava. La valutazione di questi scarti potrebbe fornire molte risposte alle tante domande che queste misteriose forme circolari custodiscono gelosamente nella battigia. Nel tratto in questione il banco roccioso che forma la costa si presenta particolarmente interessante dal punto di vista paesaggistico. Nonostante, infatti, la roccia abbia perso del tutto il suo magnifico aspetto naturale, essa, a causa dei profondi e decisi segni con cui è stata lavorata dalla mano dell’uomo, ha comunque un grande fascino. Osservando la battigia nei giorni di bassa marea le tracce scavate nel banco roccioso acquistano maggiore rilevanza e fanno emergere un disegno geometrico dalle linee curve e tondeggianti, ove a primeggiare è la figura del cerchio e la forma del disco cilindrico. Queste sculture, eseguite sicuramente non per passatempo, né per arte, ma per lavoro, nonostante la loro storia più che millenaria, insieme al loro gusto misterioso e nascosto, hanno il sapore di un vero e proprio capolavoro umano che dà le stesse sensazioni enigmatiche di un’opera d’arte moderna. Se i ragazzi di oggi invece di usare le bombolette di vernice e i muri di cemento per esprimere i loro gusti e comunicare il loro mondo utilizzassero lo scalpello e la roccia sicuramente otterrebbero risultati ugualmente interessanti, seppur totalmente diversi. Camminare sopra i cerchi o all’interno dei rocchi, mentre le onde bagnano i piedi, ammirare attraverso la trasparenza delle acque i fantastici disegni geometrici formati dalle sagome rocciose più profonde è un vero e proprio viaggio nel tempo e nell’arte. Mentre si passeggia sulla cava e si cammina sul pelo libero dell’acqua, a sfioro con la superficie del mare, la mente e l’anima si tuffano totalmente nel tempo, immergendosi nelle profondità più antiche della storia umana per capire, scoprire, sapere come vivevano i nostri antenati, cosa facevano, come lavoravano, cosa costruivano e in chi e cosa credevano. Se su queste rocce l’uomo avesse impresso le orme dei suoi piedi o le orme delle sue mani, ci avrebbe lasciato molto meno di quanto la sua intelligenza, il suo cuore e le sue necessità ci hanno trasmesso attraverso l’impronta scavata dallo scalpello manovrato dalle sue mani e diretto dalla sua mente. La singolarità della cava non è solo l’insieme delle forme che ne segnalano la sua antica esistenza ma soprattutto la sua particolarissima ubicazione emergente dal mare. Questo segno è indice di un’antica amicizia tra l’uomo e l’acqua, un’amicizia che nasce nella placenta materna, che si sviluppa alla luce del sole e che si consolida e matura nell’ acqua del Battesimo. Un segno che ci ricollega alle nostre origini e che contemporaneamente ci proietta nel nostro felice destino di cristiani. Il piccolo viaggio di oggi, seppur breve nello spazio, ci ha condotti nei sentieri del tempo, quelli percorsi dai nostri antenati, quelli da cui provengono i nostri avi (e con loro anche noi), quelli che oggi ci consentono di vivere l’attuale modernità. Ringraziamo, come sempre Dio, il creatore di tutto, per averci consentito tramite i lavori impressi su queste rocce di effettuare un’escursione nei tempi antichi, ripercorrendo a ritroso l’asse del tempo fino ai giorni in cui l’unico suono che si udiva nella meravigliosa baia di Bagnoli era quello delle onde del mare e degli scalpelli che ne lavoravano la roccia della battigia.
Capo d’Orlando, 10/10/2012
Dario Sirna