CANTERO’ IL NOME DI DIO, L’ALTISSIMO

SALMO 7

Buongiorno a tutti,

i nostri passi oggi si lasciano guidare dalle parole del Salmo 7, di seguito riportato:

Signore, mio Dio, in te mi rifugio: *

salvami e liberami da chi mi perseguita,

perché non mi sbrani come un leone, *

non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.

Signore mio Dio, se così ho agito: *

se c’è iniquità sulle mie mani,

se ho ripagato il mio amico con il male, *

se a torto ho spogliato i miei avversari,

il nemico m’insegua e mi raggiunga, †

calpesti a terra la mia vita *

e trascini nella polvere il mio onore.

Sorgi, Signore, nel tuo sdegno, †

levati contro il furore dei nemici, *

alzati per il giudizio che hai stabilito.

L’assemblea dei popoli ti circondi: *

dall’alto volgiti contro di essa.

Il Signore decide la causa dei popoli: †

giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, *

secondo la mia innocenza, o Altissimo.

Poni fine al male degli empi; †

rafforza l’uomo retto, *

tu che provi mente e cuore, Dio giusto.

La mia difesa è nel Signore, *

egli salva i retti di cuore.

Dio è giudice giusto, *

ogni giorno si accende il suo sdegno.

Non torna forse ad affilare la spada, *

a tendere e puntare il suo arco?

Si prepara strumenti di morte, *

arroventa le sue frecce.

Ecco, l’empio produce ingiustizia, *

concepisce malizia, partorisce menzogna.

Egli scava un pozzo profondo *

e cade nella fossa che ha fatto;

la sua malizia ricade sul suo capo, *

la sua violenza gli piomba sulla testa.

Loderò il Signore per la sua giustizia *

e canterò il nome di Dio, l’Altissimo.

Questo Salmo tratta un tema molto delicato e sempre attuale, il tema della giustizia divina. Spesso è proprio questo uno degli argomenti su cui Dio viene interpellato, interrogato e accusato da parte di noi uomini. L’ingiustizia subita da una persona ad opera di un’altra corrisponde ad un torto subito da parte di un innocente. Oggi spesso per ingiustizia si intende, invece, l’impossibilità da parte di una persona più debole di farsi giustizia con le proprie mani e con i propri mezzi nei confronti di una persona più forte che ha abusato in qualche modo della sua bontà e della sua innocenza. Il grido di aiuto al Signore, infatti, sale spesso da parte di chi non potendo rimediare, con le proprie mani o con la legge, al male operato da terzi, non ha altro modo di vendicarsi se non ricorrendo a Dio. I due concetti di giustizia sono molto diversi. Nel primo caso un buono si vede attaccato nella sua bontà da parte di un cattivo, subisce l’ingiustizia e ripone la sua causa nelle mani di Dio, sicuro di trovare in Lui liberazione e salvezza. Nel secondo caso, invece, Dio viene interpellato e chiamato al giudizio, alla punizione di un empio da parte di chi innocente o no, per liberarsi dalle mani di uno più forte di lui, cerca aiuto in Dio, di cui riconosce l’invincibile forza. Sinteticamente possiamo dire che nel primo caso la giustizia di Dio si identifica con la salvezza dell’innocente e del giusto, nel secondo caso invece, la giustizia supplicata a Dio si identifica, invece, con la vendetta. Facciamo questa distinzione perché spesso i due concetti si confondono e, secondo il sentire comune, anche tra i cristiani, si invoca la giustizia vendetta di Dio e non la giustizia salvezza. L’atteggiamento di chi invoca Dio per ottenere vendetta è un atteggiamento invadente, in quanto la richiesta di vendetta è già una sentenza che presuppone un giudizio. Chiedere vendetta significa aver già giudicato al posto di Dio e aver emesso la sentenza di condanna. L’invadenza consiste nell’appropriarsi della facoltà del giudizio e della attribuzione della pena, prerogativa che può esercitare solo Dio. L’atteggiamento di chi, invece, incorso nel male ad opera sua o di altri, invoca salvezza, è l’atteggiamento di colui che rimettendo il giudizio e la sentenza a Dio, confida, comunque, nella misericordia del Signore, perché pur trionfando la vera giustizia egli possa beneficiare della salvezza. A prima vista il Salmo 7 sembra essere stato pronunciato come richiesta di vendetta, ma letto con attenzione esso ci mostra nei particolari una verità del tutto diversa, una verità che si rifà alla misericordia di Dio. L’elemento fondamentale che ci consente di comprendere questo significato è fornito dal Salmista stesso nel momento in cui egli riconosce a Dio la prerogativa e la funzione del giudizio. Egli di fronte a Dio professa la sua innocenza e allo stesso tempo accusa i suoi nemici di empietà, emette dunque un giudizio per sé e per gli altri, come se non riconoscesse a Dio il compito di amministrare la giustizia. In realtà, egli si professa innocente e accusa di colpa i suoi nemici, ma allo stesso tempo lascia a Dio il compito di giudicare, di emettere la sentenza e di decidere la pena. Ciò è evidente nel momento in cui l’Orante si rende disponibile ad essere giudicato e ad accettare la sentenza e la pena di Dio, e ancor più quando confessa a tutti noi che Dio prova la mente e il cuore di ogni uomo e che per questo la sua sentenza e il suo giudizio sono sempre esatti e incontestabili: Dio è giusto. Dio ama la giustizia e detesta il male, egli, inoltre, conosce il cuore e la coscienza di ogni uomo, per cui il suo giudizio è sempre giusto e la sua sentenza esatta. Questa affermazione derivante dalle parole pronunziate dal Salmista corrisponde ad una professione di fede in Dio, una professione che riconosce la giustizia a Dio e la sua sovranità nell’esercizio di essa: “Dio è giudice giusto” e salva chi gli è fedele. Infine il salmista approda ad una verità sapienzale che ci viene consegnata per aiutarci a scegliere sempre di fare il bene e a detestate il male, questa verità consiste nel comprendere che alla luce della giustizia divina il bene e il male che compiamo nella nostra vita si riversano soprattutto su noi stessi. Con ciò egli ci spinge ad abbandonare le vie del male e della vendetta perché esse produrranno i loro malefici effetti esclusivamente sulla nostra sorte. Con Cristo la giustizia divina si manifesta all’uomo in tutta la sua maestà e superiorità. Cristo, adempie ad ogni giustizia per noi, ossia offre se stesso giusto per noi ingiusti, affinché, grazie alla sua offerta, le nostre colpe vengano rimesse e la condanna della morte eterna ci venga cancellata. Senza Cristo nessun uomo sarebbe salvo, con Cristo tutti gli uomini si possono salvare, ossia possano essere sottratti alla condanna della morte, essendo stata, questa condanna, pagata da Lui per ciascuno di noi con la sua morte in croce. Cristo paga le colpe di ogni uomo di questo mondo e, grazie alla sua misericordia, ci ottiene la salvezza eterna. Nessuno, all’infuori di Cristo, davanti a Dio è giusto, tutti, infatti, dovremmo essere condannati in base ad una giustizia divina perfettamente corretta, ma con Cristo, ognuno di noi viene giustificato e salvato. Cristo è, dunque, la risposta al grido di aiuto innalzato dal Salmista a Dio, grido che riconosce solo a Dio l’autorità della giustizia e che chiede e spera solo nella sua salvezza. Tale favorevole risposta ci impone di unirci al Salmista per lodare Dio per la sua giustizia, per cantare il suo nome e per riconoscere, con la salvezza concessaci, la sua Signoria su tutto e su tutti: Dio è l’Altissimo e ogni contestazione innalzata contro il suo operato è un insulto al suo infinito amore.

Capo d’Orlando, 21/11/2012

Dario Sirna

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