MAGGIO E I CAMPI DI GRANO E DI FIENO
Il reportage di oggi ci mostra la bellezza dei paesaggi che movimentano l’entroterra siciliano in questo particolare periodo della primavera.
Siamo a maggio e la stagione si avvia rapidamente a consegnare la gestione delle vicende meteorologiche all’estate. Il notevole allungamento delle giornate e la posizione del sole nel cielo favoriscono il riscaldamento dell’atmosfera che a sua volta imprime una consistente accelerazione al ciclo vegetativo delle specie annuali ed erbacee. Ciò significa che i prati di fieno e i campi di grano hanno già fruttificato e sono prossimi alla maturazione. Il fieno, in particolare, è più avanti del grano, ha già concluso il suo ciclo vitale ed è pronto per la falciatura. L’entroterra siciliano rispetto alle coste ha un clima più continentale, esso è perciò più caldo e secco delle fasce costiere, ove la frescura del mare riesce ancora a mitigare bene l’atmosfera e a rallentare i processi di maturazione delle specie erbacee. Così, mentre le terre bagnate dal mare sono ancora verdi e in piena vegetazione, le aree dell’interno sono invece già parzialmente dorate e presentano un assortimento di toni cangianti dal verde scuro al giallo intenso, molto interessante e assolutamente pittoresco. Oltre al clima altri fattori contribuiscono a creare differenze sostanziali tra l’entroterra e le coste, tra essi citiamo l’orografia e la flora. I territori interni della Sicilia infatti sono caratterizzati da un paesaggio collinare molto dolce, curvilineo ed esteso, fatto da una somma illimitata di profili che si soprappongono l’uno sull’altro per creare sequenze interminabili che si perdono nell’infinito disegnando orizzonti sconfinati. Il disegno di questo paesaggio si tinge di note tipicamente agresti grazie alle colture cui i terreni sono destinati. Ampi appezzamenti di terreni di misure e forme differenti si incastrano l’uno nell’altro chiudendo la superficie dei campi in una geometria a scacchi che ha il suo fascino e la sua bellezza. Tale disegno è enfatizzato dai colori, dalle loro differenze di tono, dai contrasti e dalle sfumature create dalle diverse colture cui i fondi sono destinati. Così campi gialli si alternano a campi verdi, a campi arati, a campi falciati e a campi fioriti. Le zone di confine tra i vari spezzoni geometrici di questo puzle di colori naturali sono marcate talvolta dalla presenza di filari di ulivi o di cipressi aventi funzione frangivento. Queste forme verticali sferiche, colonnari o piramidali intervengono nelle geometrie orizzontali dei fondi contribuendo ad accrescere l’armonia del paesaggio. Talvolta nell’uniforme immensità di un campo, come un soggetto pioniere, o, al contrario, come un soggetto superstite, si trova un isolato esemplare di altre specie arboree. La sua presenza si inserisce nel gioco dei colori e delle forme con effetti sorprendenti che esaltano reciprocamente sia le singolari forme dell’albero modellate, ridimensionate e piegate dal vento che le geometrie e i colori del campi. Le principali colture praticate sono quelle legate al grano e al suo ciclo di rotazione. Le messi hanno la negativa capacità di impoverire notevolmente il terreno assorbendo da esso tutto l’azoto disponibile, ne consegue che alla fine del ciclo produttivo i fondi risultano sfruttati e quasi improduttivi, per renderli nuovamente fertili e in grado di dare nuovo grano è necessario arricchire di azoto il terreno. Ciò non viene effettuato inserendo dall’esterno le sostanze necessarie, ma creando quelle condizioni naturali che sono capaci di arricchire spontaneamente i fondi. In questo ci viene incontro la provvidenza e la genialità del Creatore, il quale non ha pensato a darci solo specie che producono frutti a danno del terreno, ma ha anche provveduto a donarci piante che sono in grado di produrre frutti diversi da terreni poveri e che allo stesso tempo hanno la capacità di arricchire il terreno che le ospita di quelle sostanze di cui essi sono risultano mancanti, in primo luogo di azoto. Tra queste colture ricordiamo la sulla, il lupino e il favino. Si tratta di due foraggere, ossia di specie utili per la produzione di foraggio di elevata qualità. Tali piante hanno un apparato radicale che vive in simbiosi con degli organismi capaci di catturare azoto dall’aria e di trasferirlo nel terreno in minuscoli accumuli denominati tubercoli. I tubercoli sono dunque spontaneamente prodotti da tale specie e direttamente inglobati dalle stesse nel terreno, attraverso le radici. Estraendo dal terreno una di queste radici i tubercoli sono facilmente visibili e riscontrabili in quanto le loro dimensioni sono di circa due tre millimetri, mentre le loro forme sono tondeggianti. Coltivando ad anni alterni grano e leguminose i terreni non si impoveriscono mai e sono sempre produttivi. Per questo motivo il paesaggio dell’entroterra siciliano si avvale di tutta la bellezza che deriva dalla coltivazione rotazionale del ciclo del grano, al cui interno sono introdotte altre specie erbacee, che con le loro differenti cromie rompono la monotonia del campi ed esaltano la loro bellezza agreste.
Capo d’Orlando, 23/05/2014 Dario Sirna