SALMO 88, 47-53
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi ci è suggerito dai seguenti versi del Salmo 88 :
47 Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre?
Arderà come fuoco la tua collera?
48 Ricorda quanto è breve la mia vita:
invano forse hai creato ogni uomo?
49 Chi è l’uomo che vive e non vede la morte?
Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi?
50 Dov’è, Signore, il tuo amore di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51 Ricorda, Signore, l’oltraggio fatto ai tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52 con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53 Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Abbiamo concentrato l’attenzione sulla parte finale del Salmo, evitando di riportare tutti i versi che lo compongono, con lo scopo di soffermarci sul rapporto di fede tra l’uomo e Dio, tema sempre attuale e difficile. Gli interrogativi che il Salmista si pone sono gli stessi che ognuno di noi sperimenta nel corso delle vicende della sua vita. La fede in Dio ci porta a credere nell’esistenza di un Signore, creatore di tutto ciò che esiste, onnipotente, capace di governare ogni cosa, di tenerla sotto il suo controllo, di sottoporla all’unica obbedienza del suo comando. Il Signore detiene nelle sue mani tutto quanto esiste, sia le cose visibile che quelle invisibili, assicurando ad esse la sussistenza. Lo stesso Dio ha creato l’uomo, gli ha dato un’immagine divina conferendogli la capacità di amare allo stesso modo Suo, la libertà di aderire o no all’amore e alla comunione con Lui. L’uomo rispetto alla restante parte del creato è posto in una condizione di privilegio attraverso la facoltà che gli viene data di entrare in stretta relazione con il Signore e di vivere con Lui l’Amore puro. Garanzia di attuazione di tale destino dell’uomo è la promessa della fedeltà eterna di Dio, promessa che si attua nella storia dell’umanità attraverso la salvezza guadagnataci dal Consacrato del Signore, ossia da Gesù Cristo. Il Consacrato di Dio, Gesù Cristo, attua dunque la relazione tra l’uomo e Dio e con l’offerta del suo sacrificio ne garantisce l’eterna sussistenza. Nella salvezza dell’umanità c’è un atto di fedeltà espresso da Dio nei confronti dell’uomo attraverso l’obbedienza perfetta del Figlio. Cosa centra tutto questo con gli interrogativi del Salmo. Il nesso è immediato e fondamentale. Nonostante, infatti, siano passati oltre 2.000 anni dalla venuta di Cristo e nonostante questi continui a manifestarsi e a operare nella vita di ciascuno di noi attraverso la Chiesa l’uomo ancora oggi continua a sentirsi lontano dal Signore. L’uomo di oggi sembra fermo sempre allo stesso punto e continua a proiettare le colpe dei suoi problemi e delle sue difficoltà su Dio, accusandolo di essere un Dio nascosto, un Dio in collera, un Dio che non ha a cuore la vita degli uomini, un Dio chiuso in se stesso, un Dio che non ama e che non mantiene fede alle sue promesse. La morte è il pretesto principale con il quale ci si oppone al Signore. La morte continua a essere vissuta come punizione divina che ha il triste compito di trasferire l’uomo dalla vita agli inferi. Queste accuse sono molto gravi e sono vive tutt’ora in mezzo al popolo di Dio. La fede vissuta male e spogliata del suo reale significato e del suo immenso valore, diventa allora un modo per allontanarci da Dio e per accusarlo ingiustamente di volere e realizzare per noi il male. Con Cristo, Dio ha trasformato la morte da punizione a vittoria, con Cristo la morte non ha più potere sulla sorte degli uomini, Con Cristo la morte diventa momento in cui dalla vita terrena si passa alla vita eterna e alla comunione con il Paradiso. Con Cristo gli inferi sono stati sconfitti, il peccato è stato rimesso, l’uomo è stato liberato dal possesso del maligno e il suo destino è stato realizzato in pieno secondo i progetti di Dio. Dunque, la morte non è più per l’uomo segno di discesa agli inferi, ma passaggio dalla Terra al Paradiso e ciò in perfetta sintonia con l’amore promesso dal Padre e la fedeltà giurata ad esso. Dio per mezzo del suo Consacrato ha compiuto i suoi “passi” verso l’umanità ed è costantemente rivolto verso di essa per sostenerla nel suo cammino di salvezza, ma l’uomo che mette in dubbio i “passi” del Consacrato di Dio non insulta e offende Dio e il suo amore per noi? Comportiamoci da amici del Signore e non da suoi “avversari”, accogliamo le verità da Lui consegnateci, apriamo il nostro cuore al suo amore chiaramente manifestato sulla croce e viviamo totalmente proiettati verso la vita eterna, accettando la morte non come fine della nostra esistenza ma come passaggio verso la rinascita, certi che come Cristo anche noi saremo risuscitati dallo Spirito di Dio che è effuso in noi dal Padre per mezzo del Figlio.
Capo d’Orlando, 29/05/2013
Dario Sirna.