“AVRA’ IN EREDITA’ LA VITA ETERNA”

MATTEO 19, 27-29

Buongiorno a tutti,

i passi di questo nuovo giorno seguono il cammino descritto dai seguenti verso del Vangelo di Matteo:

27Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». 28E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. ”

Anche noi come Pietro ci sentiamo padroni del nostro tempo, della nostra vita, dei nostri affetti, delle cose di cui disponiamo, delle nostre parole, della nostra salute e di tutto quanto rientra nella sfera della nostra persona. Viviamo la nostra relazione con tutte queste cose nella dimensione piena del possesso, estendendo su di esse il potere della proprietà piena e assoluta. Per questo motivo ogni volta che siamo chiamati a rinunciare ad una qualsiasi delle cose che fanno parte della nostra esistenza noi esigiamo un prezzo, una retribuzione che possa compensare con un valore analogo ciò di cui ci priviamo. La logica su cui è costruito questo nostro modo di ragionare e di rapportarci con le cose e le persone è una logica sbagliata, una logica che non tiene assolutamente conto né della gratuità della provvidenza divina, né della forza e del valore dell’amore. Ogni cosa che ci appartiene, anche se la abbiamo conquistata con il sudore faticoso del lavoro, anche se l’abbiamo acquistata con il prezzo della nostra salute, anche se l’abbiamo pagata con le lacrime della sofferenza, è un dono che Dio ci offre per amore. La nostra vita e i nostri giorni, il nostro cuore e i nostri affetti, non dipendono da noi, ma da Dio. Noi non abbiamo potere su di essi, ma ne abbiamo la loro semplice disponibilità per volere divino, per bontà di Dio. Nulla giustifica l’attaccamento a tali beni, perché in se stessi essi non hanno valore essendo destinati a perire, essendo destinati a perdere importanza e a stancarci, essi invece hanno la funzione di metterci in relazione con il loro Donatore, di farci conoscere Dio, di farci apprezzare il suo amore per noi, di guidarci verso di Lui e di permetterci di imitarlo nell’arte dell’amore. Tali beni infatti oltre a mostrarci il volto della Provvidenza Divina ci permettono di esercitare l’amore, di metterlo in pratica unendo alla carità spirituale la carità materiale, una carità fatta di aiuti concreti e gratuiti motivati da un amore totalmente disinteressato. La nostra logica è molto simile a quella di Pietro, il quale abituato come noi a ragionare in termini commerciali chiede il prezzo che gli sarà corrisposto per il sacrificio richiestogli di lasciare tutto per seguire Dio. E’ assurdo, è incredibilmente meschino, però noi tutti siamo come Pietro, anzi molto peggio di Lui, perché anche a Dio, che ci offre la comunione di vita con Lui, noi abbiamo il coraggio di chiedere un prezzo, per riscuote un guadagno, attaccati come siamo all’egoistico possesso delle nostre disponibilità. Il Signore risponde alla richiesta di Pietro e nel rispondere a Lui risponde anche a noi facendoci comprendere chiaramente che nello scambio che barattiamo con Dio noi non abbiamo che da guadagnarci e che non c’è prezzo alcuno con cui potere pagare i beni cui Dio ci chiama quando ci offre di seguirlo nella via dell’amore e della comunione con Lui. Non c’è prezzo per pagare l’amore del Signore, non c’è misura che possa stabilirne il valore e non c’è nulla di nostro con cui noi possiamo bilanciare lo scambio, in quanto tutto quello che noi possediamo messo a confronto con quanto riceviamo da Dio è veramente un’inezia, una briciola insignificante. Come possiamo noi solo lontanamente pensare di dare un prezzo al dono della vita eterna? Il semplice pensiero sviluppato da questa idea malsana non è forse già un’offesa grande nei confronti di Dio che si dona a noi con tutto se stesso e senza limiti pur sapendo di essere respinto in molti casi, o addirittura di essere disprezzato e umiliato? Cosa chiedere dunque a Cristo in cambio  della nostra povertà? Nulla possiamo pretendere, eppure la bontà dell’amore di Dio non ci sa negare niente. L’amore lo si può comprendere solo vivendolo. L’amore non è programmabile, l’amore non ha limiti, l’amore non ha confini, ma questo non può essere capito se prima non lo si vive. L’amore è generoso e la sua generosità non può essere fissata perchè essa è senza misura. Quando chiediamo e fissiamo un prezzo in realtà non stiamo parlando di amore, ma di tutt’altro, quando invece doniamo senza chiedere nulla in cambio e senza quantizzare quello che diamo, allora siamo già entrati nella logica dell’amore. Pietro, alla fine, sulle orme di Cristo Crocifisso e con la forza dello Spirito Santo, arriva alla forma più alta dell’amore, quella forma in cui il discepolo vuole onorare l’amore del Maestro seguendolo nel martirio. Egli però, rendendosi conto che non potrà mai eguagliare tale amore, si offre a testa in giù, in segno di inferiorità, riconoscendo così che solo l’offerta  di Cristo è perfetta e che solo il suo sacrificio è salvifico.

Capo d’Orlando, 11/07/2013

Dario Sirna.

 

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