MARCO 8, 14-21
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi è illuminato dai seguenti versi del Vangelo di Marco:
“14Avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. 15Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». 16Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.17Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? 18Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, 19quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». 20«E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». 21E disse loro: «Non comprendete ancora?».”
Questo brano di Vangelo ci aiuta a riflettere sull’amore, sul dono, sulla gratuità, sull’accoglienza. Quando ci innamoriamo di una persona, o comunque ci sentiamo legati a questa persona da un affetto grande, nostro desiderio è entrare in comunione di vita con questa persona, ossia dividere con questa persona il nostro tempo, le nostre gioie, i nostri dolori, i nostri momenti belli e brutti, rendere questa persona presente nella nostra vita al pari di noi stessi, darle tutto di noi e metterla al centro del nostro cuore. Ciò non vale solo per l’amore di coppia, ma vale anche e soprattutto per l’amicizia. Nell’amicizia ci si dona al nostro prossimo con ogni sforzo, senza segreti, senza limiti, senza scopi, senza secondi fini, in purezza, in lealtà, per la gioia di stare assieme e di offrire quanto di più bello il nostro cuore può dare. Ciò significa che l’amicizia è disponibilità assoluta verso l’altro, desiderio di renderlo felice, desiderio di donarsi all’altro. Donarsi vuol dire dare tutto di se stessi, manifestare agli altri quello che veramente siamo, senza tralasciare i nostri limiti, senza nascondere le nostre miserie, senza occultare la nostra natura. L’amicizia vera, infatti, non può appoggiare le sue fondamenta se non sulla verità di se stessi e sul desiderio di donarsi per quello che si è. Quando ci avventuriamo in una tale relazione e cominciamo ad amare il nostro prossimo non possiamo non fare a meno di guardare alla sua reazione. L’unica cosa di cui soffre veramente l’amore è infatti il rifiuto. Quando l’amore non viene capito, quando esso non è onorato, quando esso non è apprezzato nel suo valore immenso, quando esso viene trattato con indifferenza, quando esso è rifiutato, è inevitabilmente offeso. Se tutte le manifestazioni di amore compiute da noi nei riguardi del nostro prossimo non vengono capite e non vengono accolte la sofferenza diventa inevitabile. Il Vangelo di oggi tratta proprio di questo argomento, argomento di cui tutti, chi più chi meno, facciamo esperienza e che tutti siamo chiamati ad affrontare. Noi siamo l’oggetto delle attenzioni di Dio, noi siamo i destinatari del suo amore, noi siamo le persone con cui Lui vuole stringere amicizia, noi siamo coloro a cui Egli si manifesta e parla, noi siamo coloro i cui occhi e le cui orecchie sono testimoni del suo amore. Non possiamo non vedere, non possiamo non sentire tutto l’amore che Dio ha riversato su noi e che su di noi continua a riversare tramite Cristo. Cristo è il dono d’amore immenso fattoci da Dio per stringere con Lui un legame amoroso, per vivere con Lui la comunione di vita eterna, per elevarci alla grazia del Paradiso. Gesù, nel Vangelo di oggi, ci rinfaccia proprio questo. Egli ci rinfaccia che non apprezziamo il dono d’amore fattoci del Padre con il dono del Figlio, Egli ci rinfaccia che il nostro cuore non vuole comprendere il linguaggio d’amore da Lui parlato attraverso le opere da Lui compiute. Siamo alla continua ricerca di amore e non capiamo che l’amore di cui abbiamo bisogno si è già donato a noi e che continua a donarsi a noi, mentre noi, con lo sguardo e le orecchie rivolte altrove, in cerca di chissà che cosa, lo rifiutiamo, non lo riconosciamo, lo barattiamo per altro. Urge la necessità di aprire gli occhi e le orecchie e di guardare a Dio non con l’intelligenza della speculazione, ma con l’intelligenza del cuore, quell’unica intelligenza che ci permette di capire il linguaggio d’amore di Dio. Tale linguaggio appreso dalla Chiesa deve esser messo in pratica non solo nella propria vita interiore e nel nostro rapporto intimo con il Signore, ma soprattutto nel rapporto con i nostri fratelli, perché è proprio per mezzo di tali relazioni che Dio ci permette di gustare tutta la bellezza e l’appagamento della comunione amorosa con Lui.
Capo d’Orlando, 17/02/2015
Dario Sirna.