LUCA 19, 41-44
Buongiorno a tutti,
continuiamo a muoverci sulle tracce segnate dal Vangelo di Luca, impostando il nostro cammino sulla brano proposto dalla liturgia odierna:
“ 41Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa 42dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. 43Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; 44distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».”
Questo brano del Vangelo ci continua a parlare di tempo. Il tempo preso in considerazione oggi è quella parte del tempo terreno, ossia del tempo della nostra vita terrena, in cui Dio ci visita per farci comprendere “quello che porta alla pace”. L’importanza della visita di Dio è fondamentale ai fini della nostra salvezza. Dalla risposta con cui noi ci rapportiamo con tale visita dipende la condizione che ci verrà affidata nel tempo dell’eternità. Dio visita continuamente la vita dell’uomo e lo fa fino all’ultimo respiro per darci costantemente la possibilità di una conversione sincera. Il rifiuto di Dio da parte nostra è un atto molto grave la cui pericolosità emerge nel momento finale della nostra vita. Il tempo della vita terrena è il tempo in cui siamo chiamati a relazionarci con Dio secondo un rapporto di amore, allo scopo di cominciare già da questa vita un cammino celeste. Purtroppo oltre la morte questo cammino non può più essere intrapreso in quanto la morte stessa segna la fine del nostro tempo formativo. Conversione e formazione sono due parole chiave che ci indirizzano senza esitazione verso la salvezza. Convertirsi di fronte al pianto di Gesù per il nostro rifiuto a seguirlo nel regno dell’amore è quasi un atto spontaneo che è promosso da Dio stesso e che in noi aspetta solo di essere azionato per renderci attivi in tal senso. Ma occorre rendersi conto di tale pianto, occorre imparare a guardare verso Dio con un occhio nuovo. Siamo troppo abituati a immaginarci il Signore sfolgorante nella sua gloria e pieno di felicità, con un sorriso irresistibilmente bello e affascinate, un sorriso che comunica gioia e pace. Spesso addirittura siamo talmente convinti di ciò da pensare a tale beatitudine come a un distacco dalla vita, dai problemi e dalle sofferenze dell’uomo. Ma non è affatto così. Basta volgere lo sguardo a Cristo crocifisso per rendersi immediatamente conto quanto costa a Dio amarci, starci vicino, non abbandonarci, prendersi cura di noi, volerci bene, farci il bene, custodirci nel suo amore. Il pianto di Gesù è un pianto di amarezza, è il pianto di chi ha perduto per sempre la persona amata, è il pianto di chi soffre il distacco dall’affetto più grande della sua vita, è il pianto di chi offre il suo amore gratuitamente e con immenso sacrificio, ma si vede rifiutato, messo da parte, degno di nessuna considerazione. È il pianto di chi dopo essersi donato con tutto se stesso e dopo aver donato tutto quanto in suo possesso non riesce a salvare la persona per cui tanto ha dato, è il pianto di chi vede la persona da Lui amata perdersi nel nulla a causa della sua cecità. Il tempo della vita terrena è un tempo difficile in cui l’azione salvifica dell’amore divino è costantemente minacciata e lottata dalle forze del maligno e dall’ascendente che esso ha sui nostri desideri terreni. Il pericolo rappresentato da queste minacce è veramente grave in quanto esso tende a renderci sordi ai richiami d’amore del Signore e assenti alle sue visite. Capita talvolta che pur essendo dei fedeli praticanti e apparentemente osservanti la nostra capacità di ascolto e di accoglienza della Parola di Dio e dei Sacramenti è talmente bassa da renderci peggiori di coloro che pur non essendo praticanti si sforzano di vivere secondo ideali che rispondono ai precetti dell’amore. La salvezza non è solo questione di adempimento di precetti essa deve coinvolgere tutta la nostra vita interessando in primo luogo le profondità più nascoste del nostro cuore allo scopo di condurci sulle pregiate vie dell’amore, ove l’incontro con Cristo non è un evento straordinario, una visita temporanea, ma è comunione di vita, condivisione e partecipazione piena alla vita del Signore. Non siamo chiamati a vivere il nostro rapporto con Dio in pillole di tempo dalla durata ristrettissima, ma siamo chiamati a trasformare il nostro incontro con Dio in una convivenza d’amore. Il Signore viene a visitarci costantemente, nostro compito è invitarlo a restare in noi per tutto il tempo della nostra vita e per l’eternità, nostro compito è permettergli di trasformare il nostro cuore in sua abitazione, nostro compito è trasferire la dimora della nostra vita in Se stesso, per ivi permanere in eterno nella gioia e nella beatitudine dell’amore.
Capo d’Orlando, 21/11/2013
Dario Sirna.