ALCARA LI FUSI – ROCCA CALANNA – PARETI 2

ROCCA CALANNA – SCALATA DEL CANALONE SUD

Siamo tornati sulla Rocca Calanna, nel complesso roccioso delle Rocche del Castro, Parco dei Nebrodi e abbiamo deciso di documentare da vicino le bellissime pareti verticali di questa monumentale montagna. Le pareti della Rocca Calanna sono tutte bellissime e come già antecedentemente illustrato dal punto di vista escursionistico e paesaggistico possono essere suddivise in due gruppi. Al primo gruppo appartengono le pareti del versante orientato a Sud e a Ovest, mentre al secondo gruppo appartengono le pareti del versante orientato a Est.

La distinzione non è solo di carattere topografico, ma principalmente di carattere strutturale e cromatico. L’ambiente naturale è sostanzialmente uguale in quanto si sviluppa alla stessa quota e alle stesse condizioni climatiche, a cambiare sono la forma e i colori delle pareti, tanto che esse possono essere paragonate alle  due facce diverse della stessa medaglia. Il versante esplorato oggi è quello esposto a Sud. Salendo dalla frazione Cammara di Alcara Li Fusi esso risulta facilmente individuabile dallo stradale che attraversa la zona. Noi abbiamo lasciato l’auto poco prima del serbatoio dell’acquedotto e ci siamo arrampicati attraversando il campo di massi che si estende alla base delle suddette pareti. Il cammino è difficile e pericoloso a causa dell’assenza di un sentiero battuto. Siamo, infatti, costretti a muoverci in mezzo a  pietraie mobili e a rocce invalicabili che ci impongono di variare continuamente il percorso al fine di superare le difficoltà  senza attraversare le zone più rischiose. Camminiamo segnando sul terreno una traiettoria molto articolata che si sviluppa attorno all’asse immaginario che unisce il nostro sguardo alla meta da raggiungere. Gli ostacoli sono davvero tanti e molto insidiosi. Più avanziamo verso la parete presa di mira e più il pericolo aumenta. Per evitare tratti inaccessibili a causa della loro elevatissima pendenza siamo costretti a fare ampie deviazioni di percorso. Da un certo punto in poi  riusciamo a proseguire solo grazie all’aiuto della vegetazione spontanea che cresce solo su alcuni versanti. I cespugli di vegetazione costituiscono, infatti, l’unico punto fermo di questi pendii, garantendo, così, un appoggio stabile ai piedi e un appiglio sicuro per le mani. Ma anche in questo caso bisogna stare particolarmente attenti a stringere nelle mani questi cespugli, che, infatti, possono provocare tagli e ferite sanguinanti.  Sarebbe opportuno utilizzare guanti di cuoio per ovviare all’inconveniente. La meta di oggi è un canalone che scende in mezzo a due pareti rocciose verticali di eccezionale bellezza. L’escursione a causa delle notevoli difficoltà di percorso spesso mette i brividi addosso. La zona attraversata si innalza vertiginosamente verso il cielo passando attraverso un fiume di pietre e massi in ripidissima discesa dalla sommità della Rocca. Il canalone è formato da una torre squadrata, che distaccandosi dalla parete retrostante si proietta in avanti rispetto alla rocca madre, e da una un cambio di direzione di quest’ultima, che sulla destra vira verso Sud, creando in mezzo uno strettissimo e vertiginoso passaggio a forma di U. Noi siamo affascinati da questo gioco di movimenti e forme  racchiuso in mezzo agli alti strapiombi che lo delimitano sui due lati e ci lasciamo completamente trascinare dall’entusiasmo, affrontando e superando pericolosi passaggi obbligatori. Salendo di quota il cammino fortemente ascensionale compiuto ci offre notevoli e pregevoli spunti panoramici su tutta la valle e sulle due pareti a strapiombo in mezzo alle quali ci muoviamo. La prospettiva assume caratteristiche propriamente aeree allargando l’orizzonte su distese di spazio sempre più ampie e interessanti. Più saliamo e più vogliamo andare su per scoprire e raggiungere posizioni sempre più ricche e suggestive. Le rocce che si innalzano ai lati del nostro percorso sono straordinariamente belle e colorate. Esse mostrano da vicino tutta la forza e consistenza del loro fascino. Sono totalmente nude e, completamente spoglie di qualsiasi tipo di vegetazione, si innalzano trionfanti come valorosi eroi che mettono in mostra tutto il vigore dei loro muscoli e della loro forza.  L’ambiente è una scenografia naturale di grande effetto, continuamente modificata dal verificarsi di grandi eventi naturali, quali frane, distacchi, alluvioni, cascate d’acqua ed erosioni, che con la loro incontrastabile impetuosità hanno creato e  portato alla luce una bellezza gelosamente nascosta e custodita dalla natura sotto il manto fitto di una lussureggiante vegetazione boschiva. Di questa  resta solo un ultimo scampolo, che come un isolotto galleggiante sospeso tra cielo e terra  si conserva intatto proprio sulla cima dell’altissimo torrione. Esso, infatti,  essendosi distaccato dalla rocca centrale con una fessura larga oltre un metro e profonda un centinaio di metri, è rimasto completamente inaccessibile specie nella parte sommitale, ove, grazie a tali condizioni,  si è isolata e sviluppata  un’oasi naturale di verde molto bella. I vertiginosi strapiombi su cui la piccola area  boschiva è isolata testimoniano efficacemente la violenza che la natura assume in certe circostanze. Una violenza che comunque non è mai cattiva perché  prima di manifestarsi  con tutta la sua potenza si annunzia efficacemente per allontanare dal pericolo l’umana imprudenza. Proprio per questo motivo il posto è selvaggio e incontaminato, regno assoluto di aquile reali e avvoltoi, territorio riservato solo ad agilissimi ruminanti.  Ci rendiamo perfettamente conto di avere varcato la soglia di ingresso di  un mondo che non si sottomette all’uomo e che si ribella a ogni tentativo di dominio. Ci sentiamo piccoli e incapaci di confrontarci con le meraviglie e le capacità di questo straordinario paradiso. Noi che altrove siamo spavaldi e calpestiamo senza alcun riguardo la dolcezza della natura, qui, di fronte all’espressione della sua forza,  diventiamo timorosi, perdiamo tutta la nostra disinvoltura e sicurezza, ci sentiamo impacciati, sappiamo di dovere mantenere un atteggiamento di massimo rispetto, ci muoviamo come ospiti che hanno il privilegio di essere stati ammessi all’interno di una fortezza invalicabile che raramente apre le sue porte agli sconosciuti e che non si fida di nessuno. Sappiamo di aver raggiunto un limite, un limite che ci ha spinto fin troppo in avanti sulla soglia del pericolo, ci manteniamo cauti, senza strafare, senza voler ulteriormente sfidare le forze della natura. Comprendiamo che il creato è un gigante buono che non entra mai in competizione con le nostre piccole capacità, ma che, per grazia di Dio, ci consente di misurare sempre la nostra piccolezza e di contenere la nostra vanità. Un limite che il Signore nella sua infinita  bontà ci ha consentito di poter valutare al  fine di  preservarci dalla fatale ricaduta dal precipizio della superbia. Come inesperti e incoscienti scalatori finiti sull’orlo di un precipizio ci aggrappiamo, allora, con le mani e con i piedi, alla fune (Cristo) che Dio ci tende costantemente dall’alto per impedirci di precipitare nel vuoto interiore dell’egoismo, del male, del peccato e della morte. A questa meravigliosa Fune, che ci salva dal pericolo e ci solleva in tutta sicurezza alle infinte altezze del Cielo, leghiamo in eterno la nostra vita.  Alla fine dell’escursione, come sempre, il nostro grazie sale  a Dio per la bellissima giornata donataci, per la straordinaria  escursione concessaci, per i grandi  pericoli da cui ci ha preservato   e per gli spunti di meditazione con cui ha alimentato il nostro desiderio di crescere e incontrare Cristo.

Capo d’Orlando, 24/10/2012

Dario Sirna.

 

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