ALCARA LI FUSI E SAN MARCO D’ALUNZIO – LA ROCCA TRAURA – PRIMA PARTE

LA SCALATA DELLA ROCCA TRAURA

L’escursione di oggi si svolge sulla Rocca Traura, appartenente al massiccio roccioso delle Rocche del Crasto, in territorio del Comune di Alcara Li Fusi, Monti Nebrodi. Volendo essere più precisi dobbiamo aggiungere che una minima  parte del cammino effettuato tocca anche l’estremo lembo occidentale del territorio di San Marco D’Alunzio.

Il confine tra i territori di questi due comuni passa infatti proprio sul dorso di questa rocca e lo divide in due. In realtà la Rocca Traura è molto lontana dal centro di San Marco D’Alunzio, tanto che la sua appartenenza geografica  è senza errore attribuibile ad Alcara Li Fusi. Tale rocca si solleva vertiginosamente dal greto del Fiume Rosmarino con un grandissimo strapiombo di spettacolare bellezza. Sul ginocchio che da tale strapiombo si piega verso la valle per allargare la base di appoggio della parete rocciosa sorge il centro abitato di Alcara Li Fusi.  Il paese di Alcara è dunque adagiato sui contrafforti laterali che rinforzano la pianta della rocca, per questo motivo esso è fortemente condizionato dalla presenza della Rocca Traura. Esiste tra tale rocca e il centro di Alcara Li Fusi un legame antico ed indissolubile che identifica le due realtà. Senza la Rocca Traura, il paese di Alcara Li fusi perde completamente quella sua speciale identità che lo rende unico tra i centri dei Nebrodi, e, analogamente, senza il centro abitato di Alcara Li Fusi la Rocca Traura perde la sua fisionomia caratteristica, che la distingue dalle altrre pareti rocciose delle Rocche del Crasto. Questi due contesti vivono un legame sponsale che li unisce in un’unica ed indivisibile realtà. Non è possibile immaginare Alcara Li Fusi senza la cornice rocciosa dello strapiombo che la domina, né è possibile immaginarsi la potenza e la forza della Rocca Traura senza la dolcezza e il fascino di Alcara Li Fusi.  La Rocca Traura è talmente imponente e particolare nella sua fisionomia da rendersi visibile già dalla costa. Il Torrente Rosmarino durante la sua corsa verso il Tirreno apre in mezzo ai Nebrodi una porta speciale che permette all’occhio dell’escursionista di sbirciare  verso l’interno e di individuare immediatamente la Rocca Traura, che nel paesaggio montano si distingue dal resto del territorio non solo per la sua posizione e la sua imponenza, ma soprattutto per il suo fascino dolomitico. La presenza di questa rocca e dei sui strapiombi che scendono direttamente sul letto del fiume, conferisce alla valle del Rosmarino una bellezza irresistibile per l’escursionista. Attraversando il Rosmarino sui ponti della Nazionale o di altre strade parallele è impossibile non sentire il richiamo di questa rocca ed è impossibile non desiderare di scalarla al più presto. La caratteristica forma alpina di questa rupe improvvisamente trasforma  la fisionomia del paesaggio siciliano conferendo allo stesso un anomalo aspetto montano. Per raggiungere il punto di partenza dell’escursione consigliamo di seguire lo stradale che dalla contrada Torrecandele di Sant’Agata di Militello, passando attraverso Militello Rosmarino, conduce   ad Alcara Li Fusi. Qui prima di entrare nella parte storica del centro esiste una deviazione sulla sinistra che si innalza sopra l’abitato e che raggiunge immediatamente la base dello strapiombo. Da questo punto in poi l’escursione si svolge solo a piedi, non esistono infatti sterrati carrabili che si arrampicano su questo costone roccioso. Relativamente all’attrezzatura segnaliamo la necessità di indossare scarpe da trekking con ottima suola antiscivolo e con perfetta aderenza.  Sarebbe inoltre opportuno portarsi dietro una cima di circa 10 metri di lunghezza, utile per superare determinati tratti senza correre eccessivi rischi e senza esporsi a violente manovre  e ad inusuali movimenti.  Le difficoltà di percorso sono dovute alla eccessiva pendenza del tragitto e alla presenza di un fondo molto sdrucciolevole, dovuto alla copiosa diffusione di pietraie, di massi, di rocce e simili. Tali difficoltà diventano ancora più elevate nei periodi estivi quando a causa della siccità la scomparsa delle forze di coesione tra le particelle rende anche i tratti in terra poco affidabili. Frequentemente per muoversi sulle pendici ripidissime dei canaloni è necessario ancorarsi con le mani agli steli e alle foglie dell’ampelodesma, le cui piante formano estese praterie anche nelle zone più impervie e sono di grandissimo aiuto grazie ad un saldo ancoraggio a terra. Le foglie di questa erbacea sono taglienti come lame di coltello per cui si consiglia di munirsi di quanti di pelle, o di stare attenti a non lasciare mai scorrere tra le dita queste foglie, ma di afferrale fermamente e con decisione. L’escursione è molto lunga e richiede tante energie, le ore previste mediamente per portarla a compimento, contabilizzando in esse anche i tempi per gli scatti fotografici e per le varie  soste, sono circa otto, senza tenere conto del tempo richiesto per coprire la distanza esistente tra il punto di arrivo e il punto di partenza. Durante l’escursione si passa nelle strette adiacenze delle rocce ove dimorano e nidificano abitualmente i grifoni, si ha così la possibilità di fare numerosi avvistamenti e di ammirare frequentemente il volo di questi maestosi rapaci di carcasse di  animali.  Oltre alla vista panoramica, sempre eccellente, vertiginosa e mozzafiato, si ha la possibilità di attraversare la suggestiva faglia del Purtuso. Questa faglia la si incontra risalendo il  canalone da cui in inverno precipitano sotto forma di cascata le acque di un torrente  che si gonfia solo durante le precipitazioni atmosferiche. La faglia in questione attraversa ortogonalmente il canalone e taglia la rocca madre in due fette di gigantesche dimensioni. Impossibile misurare le dimensioni di questo taglio perpendicolare e profondo  ed impossibile stimarne ad occhio l’altezza. L’impressione è che molti tratti di questa faglia sono nascosti. Tale divisione diventa evidente e spettacolare nella zona del Purtuso, ove forma un vero e proprio canyon lungo circa cento metri, alto circa cinquanta metri e largo solo qualche metro. All’interno del canyon lo spazio è talmente ristretto da imporre il cammino in fila indiana. Le due pareti rocciose, un tempo unite e compatte, a causa di tensioni interne non ben specificate, sotto l’azione degli sforzi di taglio hanno prodotto il distacco dalla rocca principale della sua porzione anteriore. Tale frattura, pur generando uno slittamento a valle di circa un metro della parte staccata non ha prodotto la caduta del torrione amputato. L’effetto finale è un passaggio suggestivo all’interno del quale le pareti rocciose sono talmente vicine e anguste da dare l’impressione di precipitare da un momento all’altro o di  avvicinarsi l’una coltro l’altra come le piastre di una pressa. L’uscita da questo budello di roccia è molto più impegnativa dell’entrata, in quanto richiede il superamento di piccoli strapiombi, che possono essere agevolmente affrontati con l’uso delle corde. Dopo la zona del Purtuso il cammino riprende all’esterno e si svolge su pendii molto ripidi con passaggi talvolta pericolosi. Proseguendo nella direzione della cima si raggiungono varie postazioni panoramiche di eccezionale bellezza, esse introducono all’area sommitale ove il paesaggio diventa indescrivibile per bellezza, ampiezza, profondità, altezza, dimensioni, movimento,  varietà e ricchezza. Il campo ottico spazia dall’alto e, con la medesima prospettiva di un volo aereo, offre la visione d’insieme di tutta valle del Fiume Rosmarino, dando dello stesso un volto completamente differente. Le sagome ondulate delle rocche che si stringono ai lati del fiume guidano lo sguardo verso la costa introducendolo sulla filiforme linea della costa e sulle azzurrate distese del Tirreno. Ai lati di questo sipario, sul cui palcoscenico si esibisce il Rosmarino, svettano, in una sequenza senza fine, numerosi profili accavallati di costoni e montagne, essi intersecandosi tra di loro disegnano nella cornice del paesaggio un interessante ed intricato gioco di ombre luci e contrasti. La loro prospettiva verso ovest si allarga dai Nebrodi alle Madonie, mentre verso est si estende dalle Rocce del Crasto in direzione dei  Peloritani. La piatta linea dell’orizzonte marino, innalzata contro cielo in corrispondenza delle Isole Eolie, collega questi estremi chiudendo il campo visivo in un unico quadro. L’entroterra è invece dominato dalla verde imponenza del profilo della dorsale dei Nebrodi, che proprio all’altezza delle Rocche del Crasto subisce un improvvisa impennata verso l’alto, dando origine alle cime più importanti, quali monte Soro e Serra del Re. L’altezza di oltre 1000 metri slm guadagnata sulla cima della Rocca Traura, offre anche un interessante panorama sulla vita del fondovalle, ove si sviluppano i centri urbani di Alcara e di Militello. Oltre allo spettacolo dei tetti e dei campanili, il panorama   è ingentilito dalla perfetta, elegante e raffinata geometria degli orti realizzati dai contadini sui terrazzamenti strappati alla Rocca, accanto alle ripide e scivolose pietraie che si accumulano alla base dello strapiombo. Impossibile descrivere tutte le emozioni e i dettagli di questa escursione, difficile anche raccontare gli stimoli interiori suscitati dall’aspetto contemplativo. Le vedute aree, gli scorci panoramici e la bellezza dei posti attraversati lungo il cammino sono all’origine di una gioia interiore che trova la sua piena e ampia soddisfazione nella preghiera e nella lode, punti di incontro con il Creatore.   Le rocche aiutano ad aprire gli occhi dell’anima nella direzione di Dio e ne permettono di contemplarne la perfezione, la bellezza e l’amore. Ringraziamo il Signore per il dono di questa meravigliosa natura e per il dono di questa indimenticabile giornata.

Ringraziamo anche Roberto Patroniti di Videonature che con la sua grande  pazienza e le sue approfondite  conoscenze ci ha guidato insieme a Lorenzo Di Pane in questo indimenticabile cammino.

Capo d’Orlando, 17/07/2013

Dario Sirna

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