“AIUTA LA MIA INCREDULITA'”

MARCO 17-29

Buongiorno a tutti,
il cammino odierno è proposto dai seguenti versi del Vangelo di Marco:

E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro.  subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. 18Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 19Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me».20E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; 22anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 23Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». 24Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». 25Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». 26Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». 27Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
28Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». 29Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».”

In questi versi del Vangelo di Marco ci viene consegnata una grande verità che mette a nudo la debolezza della nostra natura umana e  allo stesso tempo ci indica la via da seguire per vincere tale debolezza. Il fatto narrato nel Vangelo ci mostra la incapacità dell’uomo di far fronte alle situazioni vitali dell’esistenza, situazioni di fronte alle quali nessuno è in grado di trovare una soluzione. Tra le tante questioni che affliggono la nostra vita la più evidente e più importante è rappresentata dalla comune realtà delle malattie e della morte. Nel Vangelo il ragazzo colpito dalle convulsioni diventa come morto, tanto che tutti dicevano “E’ morto”, Gesù prendendolo per mano lo rimette in piedi, lo guarisce e lo restituisce alla vita. Di fronte alla realtà della morte noi siamo come i discepoli, possiamo chiamare tutti i medici del mondo, possiamo ricorrere a tutte le medicine esistenti, ma non siamo in grado di proporre nessun rimedio. Esiste dunque nella nostra vita un limite che ci impedisce di andare oltre, un limite che ci riconduce alla nostra condizione di uomini, un limite che ci riporta alla debolezza della condizione umana. Questo limite è chiaramente e inevitabilmente riscontrabile da tutti nella morte. Il Vangelo di oggi ci propone qualcosa di straordinariamente grande e diverso, qualcosa di veramente unico: superare tale limite, aspirare alla potenza di Dio, vincere la morte  e il suo potere. Tutto questo ci dice di Gesù diventa per l’uomo possibile se vengono percorse la via della fede e la via della preghiera. Relativamente alla fede il Signore precisa: “Tutto è possibile per chi crede”. Ma noi crediamo veramente fino in fondo alla verità consegnataci da Cristo in questa affermazione? Se la nostra fede è davvero profonda e fondata, nulla ci deve impedire di credere in queste parole e nulla di conseguenza è per noi impossibile. Credere allora non significa semplicemente conoscere le verità di fede, significa invece attuarle nella vita con una fiducia assoluta in Dio, cercare e trovare solo in Dio la potenza di quell’amore che rende possibile il bene e sconfigge sempre  il male.  Cosa conferma, manifesta e testimonia  la forza della nostra fede? La preghiera. Quest’ultima è una conseguenza della prima. Chi ha fede sa cosa chiedere, sa a chi chiedere, sa come ottenere, ha certezza di trovare nella preghiera il mezzo sicuro per esprimere la sua fede, per testimoniare il suo amore, per vivere il suo desiderio di comunione con Dio, per accedere alle realtà divine e ottenere da essere la grande ricompensa dell’amore. Nella fede fondata e coerente c’è allora la forza della nostra preghiera, e nella preghiera innalzata  con fiducia c’è l’espressione della nostra fede. Chi crede ripone tutte le sue speranze di amore e di salvezza in Dio e vive l’attesa di attuazione di  queste speranze attraverso la preghiera sincera. Il padre del fanciullo ammalato, nella disperazione dice di credere, ma volendo essere certo di essere esaudito chiede al Signore di crescere nella fede. Questo atteggiamento non solo gli ottiene di essere esaudito nella preghiera rivolta al Signore, ma gli permette altresì di sperimentare direttamente su se stesso la bellezza della carità divina, la quale è favorevolmente disposta verso tutti i cuori che si aprono a Dio e non cerca altro che di ricolmarli di  grazie senza fine.   Questo brano del Vangelo ci insegna dunque non solo l’importanza vitale della fede e  della preghiera, ma ci indica nel contempo come fare per acquisire questi doni divini e come crescere nell’esercizio degli stessi. La preghiera aiuta la fede e la fede a sua volta aiuta la preghiera. L’una completa l’altra e insieme ci permettono di crescere nella comunione di vita con Dio.  Senza la preghiera non è possibile crescere nella fede e senza fede non è possibile esercitare la preghiera e avvicinarsi a Dio. Da dove cominciare? Senza dubbio da entrambe, perché entrambe ci vengono donate dal Signore ed entrambe sono già nel possesso di ognuno di noi, occorre solo esercitarle con convinzione e nell’intenzione sincera di crescere nell’amore per Dio e per il prossimo.  Da osservare inoltre come la natura degli spiriti che vivono nel male e che si allontanano da Dio è una natura muta e sorda, una natura cioè che respinge sia la preghiera (muta) che la fede (sorda). Ciò significa chiaramente che non mettere in esercizio il dono della fede e della preghiera equivale ad allontanarsi da Dio, a  vivere nel male, a rifiutare l’amore, a chiudersi nel silenzio del proprio egoismo, a perdere di vista la luce che guida verso l’amore e la salvezza che ci vengono comunicati per dono da Dio.
Capo d’Orlando, 20/05/2013
Dario Sirna.

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