A TE LEVO I MIEI OCCHI

SALMO 122

Buongiorno a tutti,

oggi i nostri passi seguono l’orientamento indicato dalle parole del Salmo 122, di seguito riportato:

A te levo i miei occhi, *
a te che abiti nei cieli.

Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni; *
come gli occhi della schiava,
alla mano della sua padrona,

così i nostri occhi
sono rivolti al Signore nostro Dio, *
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi, *
già troppo ci hanno colmato di scherni,
noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, *
del disprezzo dei superbi.

Il Salmista ci dà una chiara indicazione dell’atteggiamento che la nostra anima dovrebbe assumere nei confronti del Signore. Egli utilizza delle immagini eloquenti, di grande effetto letterario, e soprattutto, di sicuro effetto didattico e catechistico. Il suo cuore ha sperimentato direttamente determinate realtà e condizioni sociali, quali appunto la schiavitù e l’asservimento, proprie del periodo storico da lui vissuto. Vivendo in prima persona la condizione di schiavitù, di umiliazione e di scherno da parte di popoli stranieri egli riesce a trarre da questa tristissima esperienza la forza interiore necessaria per cercare l’aiuto di Dio e per imploralo con grande speranza. L’immagine dei servi e della schiava che guardano alla mano della padrona è un’immagine che indica la totale dipendenza della persona schiavizzata dal suo padrone. Per uno schiavo il suo padrone è tutto, da lui dipende la sua libertà, da lui dipende la sua felicità, da lui dipende il suo nutrimento, da lui dipende la sua intera esistenza. Lo schiavo è tale anche nelle sue facoltà mentali, nel suo pensiero, nei suoi affetti e nel suo credo. Tutto di lui appartiene al suo padrone, che domina la sua vita con  potere assoluto, spadroneggiando in tutte le sfere di essa. In tale situazione è ovvio che lo schiavo non fa altro che guardare la mano del suo padrone perché è da essa che riceve il cibo ed è da essa che può ricevere una carezza. Inoltre è con essa che viene punito ed è con essa che riceve indicazioni. La sua attenzione è quindi totalmente rivolta alle mani del padrone da cui spera cibo, acqua, clemenza, pietà, affetto e amore. Il Salmista fa sua l’immagine degli schiavi e, dopo averla vissuta negativamente sulla sua pelle e nel corso della storia del suo popolo, la rinnova, ribaltandola con un significato nuovo che diventa speranza di salvezza e di libertà nel totale affidamento a Dio. Egli, allora, si pone nei riguardi del Signore con lo stesso atteggiamento con cui da schiavo si pone nei riguardi del padrone, volendo con ciò indicare che la sua vita è affidata tutta nelle mani di Dio. Egli rinunzia a se stesso per consegnarsi totalmente a Dio e diventarne sua totale proprietà. L’affidamento è esemplare e testimonia una fede assoluta e incrollabile nel Signore. Isdraele aveva già fatto in Egitto l’esperienza della schiavitù, da cui venne liberato con “mano potente” dal Signore. Ora il Salmista, nel disprezzo dei superbi”e negli “scherni dei gaudenti”, rivive la stessa condizione dell’Egitto e, ricordando la storia della salvezza vissuta dai sui padri, riguarda anche lui alla “mano potente” di Dio per ottenere nuovamente pietà e liberazione. Comprende che l’infedeltà del popolo eletto è stata la causa della sua stessa rovina e, perciò, ritorna al Signore con una fede forte e con una fiducia immensa, di cui ne sono eloquenti immagini la scena  degli occhi dei servi rivolti alla mano dei loro padroni e degli occhi della schiava che guardano alla mano della sua padrona. La risposta alle invocazioni elevate dagli uomini a Dio nel corso del tempo con le parole di questo Salmo arriva con Gesù Cristo. E’ Lui il dono più grande fatto all’umanità da Dio, è Lui che arriva dalle mani di Dio per accogliere le nostre suppliche e  per esaudirle in eterno. E’ Cristo Gesù che ci libera definitivamente dalla schiavitù del peccato e della morte e ci ridona la libertà. In Lui, noi che eravamo creature, diveniamo figli di Dio e “coeredi di Cristo”. Come figli non siamo più schiavi di nessuno ma cittadini liberi della Gerusalemme celeste. Guardando alle mani trafitte di Cristo in esse possiamo scorgere il sangue versato per la nostra liberazione, sangue che, offerto nel Sacrificio Eucaristico, diventa bevanda di vita eterna e di salvezza. La mano di Dio ci ha donato così ogni cosa, spetta ora a noi guardare a questa mano con gli stessi occhi della schiava verso la mano della sua padrona  e accogliere il dono che ci viene offerto.

Capo d’Orlando, 08/10/2012

Dario Sirna

 

 

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